
Cinque anni fa il presidente Frank Walter Steinmier si compiaceva di vivere nella “Germania migliore che ci sia mai stata”, nel celebrare i 30 anni della riunificazione Tedesca accanto ad Angela Merkel. Oggi, nel 2025, il clima di questo importante anniversario è molto diverso: fra le vistose difficoltà economiche con numeri quasi da stagnazione, l’ascesa inarrestabile dell’estrema destra, e la paura di una guerra che sembra, almeno geograficamente, sempre più vicina.
La caduta del famigerato muro di Berlino, il 9 novembre del 1989, e la successiva integrazione degli ex Laender della Ddr nella Repubblica federale tedesca, furono il capolavoro politico di Helmut Kohl, che riuscì nell’impresa in soli 11 mesi, entro il 3 ottobre 1990.
Trentacinque anni dopo, quest’opera che fu giuridica, economica, politica e sociale mostra però di reggersi su fondamenta più fragili di quanto si immaginasse, con le regioni dell’est completamente conquistate dal partito di Alice Weidel, Alternative fuer Deutschland, tuttora segnato dal pesante dubbio dei servizi segreti. I consensi di Afd, fra l’altro, dilagano ormai anche a livello federale, dove stando ai sondaggi è in vetta alle classifiche e ha sorpassato i conservatori della Cdu. Il voto di protesta si sarebbe trasformato in una nuova Weltanschauung, secondo alcuni analisti, in linea con quanto avviene nel resto dell’Occidente.
Non solo. Mentre il governo di Friedrich Merz stringe la morsa sui migranti, arrancando nella rincorsa ai voti perduti, e punta sul riarmo accogliendo la sfida di una leadership in grado di accogliere una responsabilità per tutta l’Europa, la Germania è già presa di mira da tempo dagli attacchi ibridi di Mosca ed è alle prese, come altri Stati europei della Nato, con l’emergenza droni sul Baltico. Per non parlare dei tanti tentativi di destabilizzazione del Paese, attraverso disinformazione e propaganda. Qualche giorno fa ad Amburgo, un addestramento dell’alleanza atlantica dalle misure inedite (Red Storm Bravo), concepito per simulare l’eventualità di un attacco sulla fiancata est, è stato presentato dal portavoce dell’esercito con parole schiette: si tratta di esercitazioni, oggi indispensabili, che appartenevano alla quotidianità della Guerra fredda. E che oggi vanno “riaffrontate”.
Come la riforma della leva, già approvata dal governo, per aumentare il numero dei militari e dei riservisti della Bundeswehr, dopo aver concesso a Donald Trump la promessa che la Germania investirà somme ingentissime nella difesa, coprendo fino al 3,5% del Pil, oltre ad un 1,5 in infrastrutture relative alla logistica di settore.
“La Germania è un Paese sicuro e la paura della guerra non va alimentata in modo artificiale”, ha affermato venerdì il portavoce di Merz, Stefan Cornelius, rispondendo alle molte domande dei giornalisti sui droni. Berlino punta sulla “deterrenza pura”, agendo per evitare che a qualcuno venga in mente di colpire, si ripete ad ogni occasione utile. Avanti tutta nel sostegno a Kiev, cercando di trattenere Donald Trump, vincolato alla Nato. In questo clima, l’era Merkel non potrebbe sembrare più lontana. Basti pensare che ancora 5 anni fa, proprio per celebrare la Germania unita, in un telegramma da Mosca, Vladimir Putin si diceva “aperto al dialogo con i partner tedeschi”, e definiva “positivo” che il Paese fosse unito.
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