
È morto nel giorno in cui l’Inter gioca la finale di Champions League Ernesto Pellegrini, diciassettesimo presidente del club neroazzurro che portò la squadra alla conquista della coppa Uefa nel 1991, quando da 26 anni mancava un trofeo europeo, il presidente del riscatto sportivo.
“Proprio il giorno di un evento speciale della tua Inter Ernesto te ne sei voluto andare” ha constatato Aldo Serena, uno dei ‘suoi’ giocatori.
Nato a Milano nel dicembre del 1940 da genitori coltivatori, anzi ortolani, per cui andava al mercato a vendere mazzetti di rosmarino, Pellegrini si era diplomato in ragioneria, e iniziò a lavorare negli uffici della Bianchi, produttrice di biciclette.
Ma rimase pochi anni. A 25 ancora da compiere, apri’ la sua prima azienda la Organizzazione Mense Pellegrini. Con il tempo il lavoro si amplia: mense, buoni pasto e non solo. Nel 1975 nacque la Pellegrini spa che poi si allargò, diventando un gruppo internazionale con 11mila persone. Un lavoro andato di pari passo con l’impegno per la “sostenibilità sociale”, come ricordò lui stesso nella lettera che scritta per celebrare i sessant’anni della sua impresa, un impegno “per offrire un aiuto ai tanti che si trovano in un momento di difficoltà” con la sua Fondazione che nel 2014 ha creato il ristorante solidale Ruben, per offrire pasti a chi ha più bisogno.
Il 1984 si tinge di nerazzurro: Pellegrini acquistò per meno di sei miliardi di lire l’Inter da Ivanoe Fraizzoli, dopo una breve esperienza con la terza squadra di Milano, l’Alcione. Fu il coronamento di un sogno iniziato a 13 anni quando per la prima volta Pellegrini era andato allo stadio a vedere Inter-Juventus. “Era il 4 aprile 1954 a San Siro” ricordò lui stesso nel 2020, quando entrò.
Per undici anni Pellegrini guidò il club nerazzurro, e da subito volle far capire le sue intenzioni. “Volevo presentarmi all’opinione pubblica con un grande giocatore e da subito ho pensato a Kalle Rummenigge”. L’Inter dei tedeschi la chiamarono, con anche Lothar Matthäus, Jürgen Klinsmann e Andreas Brehme.
Ma non solo, perché nel cuore dei tifosi sono rimasti anche Serena, Zenga, Bergomi, che definiva “il mio capitano”. Per tutti Pellegrini ha avuto un affetto speciale, come quello di un padre. E loro lo hanno ricambiato. Nel 1989 la squadra allenata da Trapattoni vince lo scudetto dei record con 58 punti, 11 di distacco sulla seconda, quando ancora in in caso di vittoria si ottenevano solo due punti. E poi nel 1991 la Uefa, e ancora il bis nel 1994.
L’anno dopo, la vendita del club a Massimo Moratti; ma Pellegrini non smise mai di tifare Inter. “Il nostro era un calcio più romantico. Ma il calcio è fatto di cicli e magari tra qualche anno tornerà la figura del ‘presidente-tifoso’. Io me lo auguro…” aveva detto un giorno. Vastissimo oggi, alla notizia della sua morte, il cordoglio. “Per undici anni ha guidato l’Inter con saggezza, onore e determinazione, lasciando una impronta indelebile nella storia del nostro Club” ha scritto sul sito la squadra che gioca stasera la finale Champions con il lutto al braccio.
Ignazio La Russa, il sindaco Beppe Sala, l’ex sindaca Letizia Moratti, amica di famiglia, giocatori e club, incluso il Paris Saint Germain, la Lega di Serie A gli hanno reso omaggio stringendosi alla moglie Ivana e alla figlia Valentina, che in azienda ha preso il suo posto. I funerali saranno celebrati il 4 giugno alle 14:45 nella basilica di Sant’Ambrogio.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA