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Thursday, November 27, 2025
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Sgombero di Casa Pound, Giuli: ‘No, se si allinea ai criteri di legalità’ – Notizie


Il giorno dopo lo sfratto del Leoncavallo resta il silenzio intorno all’ex cartiera di via Watteau che per trent’anni ha ospitato il centro sociale e la sua musica, oltre alla rabbia per un blitz agostano “elettorale” e alla necessità per il ‘Leo’ di trovare una nuova casa. A difendere l’azione scende in campo il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che al Meeting di Rimini definisce la posizione del governo “la più ragionevole”: “non ci devono essere spazi di illegalità e incubatori di violenza”. Sgombero sia, dunque, ma “se la domanda specifica è: ‘Bisogna sgomberare Casa Pound?’ – aggiunge – la risposta specifica è: nella misura in cui Casa Pound si allinea a dei criteri di legalità, no”.

Per la vicesindaca di Milano Anna Scavuzzo, invece, ieri c’è stata una inutile prova di forza perché con lo sfratto “non è risolta la questione del Leoncavallo, non so se al ministro Piantedosi è chiaro”. E mentre continuano le polemiche con rimpalli fra centrodestra e centrosinistra, è arrivata da più parti – ministro Giuli compreso – la solidarietà al gruppo Angelucci per le minacce anarchiche arrivate all’editore e ai responsabili di Libero e Il Tempo. Per il centro sociale più famoso d’Italia la soluzione che si profila è quella degli spazi comunali di via San Dionigi per cui l’associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo aveva inviato una manifestazione informale d’interesse il marzo scorso.

Ma i tempi non saranno rapidi anche se la giunta approverà nella prima seduta utile, il 28 agosto, le linee guida per la presentazione delle domande per ottenere gli spazi in concessione. Nel frattempo ieri alla fine dell’assemblea pubblica che si è tenuta sotto la pioggia davanti allo spazio sgomberato, i militanti hanno annunciato un corteo nazionale per il 6 settembre “contro lo sgombero del Leoncavallo, contro il fascismo di governo, la gentrificazione ed espropriazione dei patrimoni pubblici e autogestiti”. Il messaggio, in sintesi, è “giù le mani da Milano”. Un appuntamento che sarà anticipato la settimana prossima da una assemblea pubblica l’1 e 2 settembre. Nell’edificio di via Watteau già ieri sono stati messi i nuovi lucchetti.

Oggi la proprietà, l’immobiliare L’Orologio della famiglia Cabassi, ha provveduto ad attivare l’impianto d’allarme, pensare alla vigilanza, oltre a quella garantita dalle forze dell’ordine per alcune ore al giorno, e anche a togliere i sanitari per evitare nuove occupazioni. Consegnate le chiavi interne all’ufficiale giudiziario, prese di fretta ieri alcune cose, come documenti, i responsabili del centro hanno trenta giorni per accordarsi e andare a prendere tutto, dall’impianto acustico alla cucina attrezzata. “Non c’è più niente da fare dal punto di vista legale. La vicenda di quel posto è chiusa”, ha spiegato Mirko Mazzali, l’avvocato del Leoncavallo che considera lo sgombero di ieri “un pezzo di campagna elettorale”. “Il Leoncavallo – ha osservato – è stato usato come una bandiera per cercare consenso all’interno della destra. Ed è un pezzo di campagna elettorale anticipata a Milano in un momento di debolezza dell’amministrazione” coinvolta dall’inchiesta sull’urbanistica. Ora però si guarda avanti con la prospettiva del nuovo Leoncavallo. Il bando del Comune (aperto a tutti, non solo al centro sociale) dovrà essere pubblicato lasciando almeno tre mesi per la presentazione delle manifestazioni d’interesse e l’aggiudicazione. La tempistica che ipotizza Mazzali è che il centro potrebbe avere una nuova casa per la prossima primavera inoltrata. Una casa però che ha bisogno di lavori costosi: trecentomila euro solo per la bonifica dell’amianto e l’allacciamento delle fognature, tre milioni per la ristrutturazione completa.
  

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